Recensione di “X-Men: Dark Phoenix”

“X-Men: Dark Phoenix” (2019) è l’ultimo capitolo della saga degli X-Men, iniziato con il primo film del 2000. Diretto da Simon Kinberg, la pellicola riunisce come sempre un cast di eccezione con Sophie Turner, Michael Fassbender, James McAvoy, Jennifer Lawrence e Nicholas Hoult.

La storia è molto semplice: siamo nel 1992, nove anni dopo gli eventi di “X-Men-Apocalisse”, la situazione dei mutanti è nettamente migliorata dopo le loro gesta eroiche, tanto che regna la pace e gli stessi X-Men sono applauditi e acclamati da tutti. Quando lo Space Shuttle ha dei problemi, il governo chiede l’aiuto di Xavier e i suoi, che corrono in forze a salvare gli astronauti: Jean Grey riesce in un disperato tentativo a soccorrere il capo astronauta, rimanendo però coinvolta in un potente brillamento solare. Al suo risveglio, i suoi poteri sono diventati terrificanti e incredibili.

Nutrivo molte speranze per questo film, poiché sono una grandissima fan della saga dal primissimo film di Bryan Singer; oltretutto, il nuovo reboot, se così si può chiamare, si inseriva perfettamente come prequel in tutta la storia, formando un unico grande arco narrativo. Tale arco narrativo, tuttavia, sembra essere stato abbastanza gettato alle ortiche con questo film: se la coerenza non era mai stata il loro punto di forza (penso alla storia di Sabertooth sconvolta da “Wolverine-Le origini”, oppure da Xavier che tornava in vita senza una spiegazione dopo essere stato “ucciso” in “Conflitto Finale”) con questo film si raggiunge un nuovo livello di sbadatezza. Il film precedente (sottolineo, il precedente del 2016, non di mille anni fa) annunciava già la forza della Fenice di Jean, ce lo mostrava proprio chiaramente: in questo, invece, lei ottiene questi nuovi poteri e personalità nello spazio. Scelta piuttosto comoda perché cancella in buona parte la volontarietà e il conflitto del personaggio: mai credevo che nella mia vita avrei potuto dirlo, ma l’introspezione psicologica era stata approfondita molto meglio nel tanto criticato “X-Men conflitto finale”. Tra l’altro, “Dark Phoenix” si dimentica pure allegramente del finale di “X-Men Giorni di un futuro passato” (anche qui, film del 2014, non di vent’anni fa!), che ci presentava un futuro in cui si risvegliava Wolverine che… boh, a questo punto non so nemmeno perché ci sia e ci sia stato mostrato.

Al di là degli errori per appassionati, il film ha una trama estremamente lineare e telefonata: dopo venti minuti si capisce perfettamente come si evolverà la storia. L’unico colpo di scena, se così può essere chiamato, è una scopiazzatura pesante di “X-Men Conflitto finale”. Anzi, a dire la verità, tutto il film si ispira molto al terzo capitolo degli X-Men (non capisco la scelta di copiare la pellicola più criticata e odiata della saga, ma vabé…), ma solo alla storyline di Jean Grey, cosa che rende incredibilmente impietoso il confronto con l’originale. Se “Conflitto Finale” aveva almeno il merito di unire molte storie, qui c’è solo quella di Jean; non fraintendemi, personaggi ce ne sono molti, molte trame vengono introdotte, ma alla fine c’è solo la storia di Jean.

Senza fare spoiler importanti, innumerevoli sono i temi appena accennati e non approfonditi: la storia di Quicksilver (“ehi, è il figlio segreto di Magneto, questa cosa avrà ripercussioni importanti!” E invece no.), il personaggio di Mystica, la tormentata storia di Ciclope, alieni dall’oscuro passato, l’evoluzione degli X-Men, ma soprattuto Magneto, che ha finalmente fondato Genosha, stato sovrano per i mutanti reietti, traguardo importantissimo nei fumetti, qui liquidato con “Ehi, questo è un posto per i mutanti.- Ah, ok”. Punto. Fine.

Una menzione speciale va a Charles Xavier, che forse ha la trama più interessante, ma che non sembra in alcun modo tenere conto degli eventi dello scorso film: Moira, l’amore perduto e ritrovato, è di nuovo sparita senza una spiegazione; la sua abilità nel capire Jean Grey e nel farle scoprire il suo potere qui va nella direzione opposta (“Usalo il meno possibile, mi raccomando! Tieni tutto a comparti dentro di te!”). In pratica gli eventi di “Apocalisse” sono serviti solo a farlo diventare calvo.

La mia recensione sembra profondamente disgustata, ma in realtà è solo traboccante di delusione. Il film prometteva bene, il cast era ottimo, in particolare Sophie Turner è stata bravissima, intensa e coinvolgente come la precedente Famke Janssen non era mai riuscita ad essere. La sceneggiatura però ha puntato su un format diverso, che voleva essere più “oscuro”, ma era solo molto confusionario; i personaggi e le loro storie parevano proprio buttate lì, il tutto funzionava solo per la bravura degli attori. La stessa trama principale, così interessante e misteriosa, non aveva una contestualizzazione: perché arrivavano gli alieni? Cosa volevano davvero? Quale era la loro storia? Tra l’altro il film viene spacciato per una pellicola iperfemminista in cui le donne fanno tutto (c’è anche un battuta a riguardo), ma in realtà il loro ruolo sembra essere quello di essere vittime sacrificali per fare maturare i personaggi maschili o dare loro un desiderio di vendetta.

In conclusione, il film ha un bel ritmo e visivamente è spettacolare, ma la sceneggiatura è un disastro e risulta essere una conclusione non adeguata alla magnifica saga che sono stati gli X-Men. Tante buone idee, ma anche tante occasioni sprecate. Detto questo, lo consiglio comunque a tutti gli appassionati di X-Men (per sapere come va a finire) e a quelli che non hanno buona memoria dei film precedenti: magari voi ve lo godrete più di me!

X-Men-Dark-Phoenix-Locandina-1

 

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