Recensione di “Le acque dell’Abisso” di Sara Ortolani

“Le acque dell’Abisso” è un romanzo giallo scritto da Sara Ortolani e pubblicato da PAV Edizioni.

Adelaide “Ade” Bellini ha trent’anni e vive in una piccola cittadina umbra dove si mantiene scrivendo tesi di laurea per altri; il suo passato e il suo presente sono infestati dal ricordo di Ditmir, il suo primo amore che si è suicidato in prigione a sedici anni dopo essere stato accusato del furto di un reperto archeologico di grande valore.
Anche Bastjan Kola, il fratello maggiore di Ditmir, è perseguitato dallo stesso fantasma; dopo essere diventato un avvocato penalista di successo decide di tornare nella città della sua infanzia per trovare chi aveva incastrato il fratello anni prima.

Le strade di Ade e Bastjan si incroceranno e i due, nonostante il rancore reciproco (da parte di lui perché la testimonianza incoerente di Ade non aveva scagionato il fratello, anzi l’aveva messo in difficoltà, e da parte di lei perché Bastjan si era dileguato di fronte al coinvolgimento delle forze dell’ordine), dovranno collaborare per trovare il responsabile del furto e quindi del suicidio di Ditmir.

Il romanzo è impostato come un giallo, in quanto i due protagonisti indagano su varie piste e possibili colpevoli, ma è anche presente, soprattutto nel finale, l’elemento paranormale dato dalla capacità (appresa dalla nonna paterna) di Ade di leggere le carte, cosa che porterà allo scioglimento del mistero.

Nella vicenda si intrecciano i due piani temporali del presente e del passato in cui è presente Ditmir nei flashback dei protagonisti.

Ho trovato l’inizio del libro un po’ faticoso, ma a circa un terzo, quando inizia l’indagine vera e propria, la storia “parte” e diventa avvincente.

Ade è una protagonista tormentata dal suo passato e da una famiglia poco empatica; Bastjan è tormentato soprattutto dalla sua rabbia e dalla sua personalità collerica.

Nonostante il suo personaggio fosse convincente e ben costruito nella sua voglia di rivalsa, ho trovato difficile considerarlo come un love interest desiderabile nella storia, visto che tratta Ade con una freddezza che sconfina nella maleducazione anche quando dovrebbero essere in buoni rapporti. Spesso il suo punto di vista lascia intendere che la gente lo tratti male perché è albanese, ma in realtà il lettore ha l’impressione che questo avvenga perché lui è indisponente.

 In ogni caso ho apprezzato che nella vicenda non sempre i personaggi che vengono presentati come inizialmente antipatici siano poi colpevoli di qualcosa, e viceversa; nonostante nessuno sia completamente esente da sensi di colpa, il mondo del romanzo non divide nettamente tra buoni e cattivi.

L’ambientazione dedica ampio spazio alla descrizione del patrimonio archeologico umbro.

In conclusione, consiglio questo romanzo agli amanti dei gialli introspettivi e a chi è sensibile al tema delle discriminazioni e pregiudizi nei confronti degli immigrati.

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