Recensione “Dawson’s Creek”

Dawson’s Creek è un telefilm che ha segnato profondamente l’immaginario degli adolescenti tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, essenzialmente instillando in loro la paura che ogni rapporto umano dovesse essere discusso e scandagliato fino all’esasperazione; come reazione, siamo tutti cresciuti evitando il più possibile qualsiasi interazione umana e rifugiandoci nello stalking sui social media.
Noi abbiamo riguardato TUTTO Dawson’s Creek da adulte e questo è quello che ne abbiamo desunto.

AIDONUANNAUEI! Anzi, no… purtroppo la versione on demand non ha la celebre canzone “I don’t want to wait” di Paula Cole. E già lì si inizia col trauma.

La prima cosa da dire è che la prima stagione è completamente diversa da tutte le altre.
Purtroppo, oseremmo dire, visto che era avvenieristica.

Ogni episodio sovverte uno stereotipo: Dawson ha una madre che lavora e un padre che sta a casa e si occupa di lui. Il mascellone Mitch è romantico ed emotivo ma non viene visto come debole per questo, anzi viene definito come “l’uomo perfetto”.
Jen, la ragazza di New York dal passato turbolento che arriva a Capeside, nonostante il suo ruolo sia quello di dividere il gruppo di amici, è gentile, matura e non cerca di porsi in competizione con le altre figure femminili, anzi le sostiene e cerca di instaurare un’amicizia con loro; è atea e favorevole all’eutanasia, e nonostante questo la faccia scontrare più volte con la mentalità conservatrice di Capeside, lei non li tratta da provincialotti e dichiara più volte di apprezzare la vita semplice e rilassata del paesino.
Pacey ha una relazione con una donna più grande che non viene dipinta come una predatrice frustrata, ma come una figura che lo fa crescere e maturare anche dal punto di vista intellettuale ed emotivo.
Joey forse è il personaggio più diverso rispetto alle stagioni successive: all’inizio non è simpatica praticamente a nessuno, è scontrosa, invidiosa e la sua storia familiare l’ha fatta crescere in fretta, dandole un atteggiamento cinico e pragmatico.
Nel primo episodio scandalizza Dawson con una battuta sulle cinghie di pelle e sulla vaselina; in genere l’atteggiamento di tutta la sceneggiatura rispetto all’argomento principe di tutto Dawson’s Creek, cioè il sesso tra adolescenti, è molto progressista ed illuminato.
I genitori di Dawson accettano la crescita emotiva e fisica del figlio, incoraggiandolo ad un sesso sicuro e responsabile, senza tabù o pregiudizi; nella puntata in cui Dawson, reso insicuro dalle precedenti esperienze di Jen, la tratta come una poco di buono, la reazione di tutti i personaggi è di sdegno per l’immaturità e il maschilismo del protagonista, che finisce con lo scusarsi, mortificato, per poi chiudere definitivamente l’argomento.

Alla fine della prima stagione, però, gli sceneggiatori o la produzione si sono resi conto evidentemente che a continuare così non sarebbero mai arrivati in prima serata o avrebbero ottenuto gli sponsor desiderati. Quindi viene fatto un brusco cambiamento di rotta, non ai livelli di “Settimo Cielo”, ma poco ci manca.

Improvvisamente la scafata Joey diventa la “piccola e ingenua Joey Potter” “terrorizzata alla sola idea di fare sesso” (così dice a Jack nella seconda stagione, testuale eh!) e il preservativo una parola volgare che fa arrossire tutti quelli che osano pronunciarla.
Le mossette e le smorfiette fastidiose che Katie Holmes già esibiva nella prima stagione vengono amplificate, fino a diventare sintomo della sua ingenuità e dolcezza, le sue sgradevoli battute pregne di slut-shaming, dapprima criticate e simbolo del suo carattere di mer**, ora la elevano a esempio morale. Giudicherà male anche la sua compagna di stanza del college, Audrey, che invece è una cara ragazza che non fa altro che prodigarsi per aiutarla.
Ciononostante, gli sceneggiatori amano Joey e la santificano progressivamente.
Non come Jen, quella zocc***, che infatti finirà male.
Infatti chi subisce maggiormente il contraccolpo è proprio lei, declassata ad icona femminista a poco di buono nel giro di un paio di episodi.

Un lato positivo è che gli sceneggiatori si rendono conto di quello che gli spettatori avevano capito dopo i primi dieci minuti del pilota: Dawson non piace a nessuno.
Ispirato all’adolescenza del creatore Kevin Williamson, Dawson è un adolescente privilegiato con due genitori benestanti che vivono per lui e che gli danno tutto ciò che chiede, oltre a sostenerlo e incoraggiarlo in ogni sforzo creativo, eppure non fa altro che lamentarsi e recriminare con chi gli sta intorno.
La self-insertion alla lunga non paga e se nella prima stagione, inspiegabilmente, il ragazzo aveva due gran fighe che gli morivano dietro, dopo un po’ non lo considera più nessuno.

Anche la sua creatività di aspirante regista tanto decantata inizialmente si sgonfia con rapidità: dopo un primo filmetto horror si mette a fare solo cose ispirate alla sua vita, in una specie di matrioska di sfighe, insomma non si inventa proprio niente.
Se state guardando la serie su Amazon Prime o su Sky Box Sets, vi accorgerete che nelle immagini di copertina Dawson viene lentamente emarginato, fino ad apparire solo da distante. Effettivamente, dopo la terza stagione, la serie poteva tranquillamente chiamarsi “Joey’s creek”.

Pacey, per cui tutte le ragazze della nostra generazione avevano una cotta collettiva, passa da sfigato a oggetto del desiderio decisamente più realistico di Dawson (la signora Jacobs ci aveva visto lungo!); purtroppo per lui si becca Joey nella riscrittura santarellina/virginale, e prima che i nostri riescano a consumare il rapporto dovranno superare diverse crisi isteriche.

Una menzione a parte va a Jack, che scopre la sua omosessualità e lotta per farsi accettare nella bigotta provincia americana; il suo personaggio è complessivamente uno di quelli con la storia più originale e interessante, trattata con molta sensibilità.
Andie, sua sorella, prima dà di matto e poi sparisce.
Impossibile poi dimenticare la nonna di Jen, che al contrario dei protagonisti “adolescenti” (in realtà palesemente interpretati da ultratrentenni), sembra aver rubato la loro giovinezza per diventare sempre più figa e apparire molto più in forma di tutti loro alla reunion del ventennale.

“Dawson’s Creek” copre l’arco di sei stagioni e quasi un decennio della vita dei protagonisti (visto che alla fine saltano in avanti di cinque anni), ed è quindi difficile riassumere i punti chiave in una singola recensione e ci limiteremo ad una top five.

5- Quando Joey si mette con Dawson, nella seconda stagione, i genitori di lui, già vittime del rebranding bigotto, iniziano a impedire attivamente che il figlio possa esplorare la sua sessualità con Joey, vietandogli di chiudere la porta della camera o togliendo la scala su cui la ragazza era solita arrampicarsi. Ovviamente Joey continuerà ad apparire alla finestra di Dawson, improvvisandosi una esperta di parkour e rischiando, se non una gravidanza indesiderata, per lo meno dei traumi da violenta caduta dal primo piano di una casa. Molto più sicuro, no?

4- L’attrice che interpretava Andie MacPhee aveva già 29 anni al suo arrivo a Capeside: per farla apparire più fanciullesca sarà costretta ad indossare orrende salopette e felpe decorate con farfalle, ma soprattutto codini. Tanti e orribili codini. Più o meno lo stesso fallimentare escamotage di far apparire Maggie Grace, femme fatale in Lost, come sprovveduta adolescente figlia di Liam Neeson in Taken.

3- La morte di Mitch, vittima di un inopportuno cono gelato: triste, per carità, ma veramente assurda. Comprendiamo che l’attore, a furia di lamentarsi, doveva aver bene rotto le scatole agli sceneggiatori, ma morire per un cono gelato, no. “Così no. Morire così, no.” (cit Matrix)

2- Eva. Ad un certo punto arriva una spogliarellista che si rivela essere la sorella segreta di Jen (impatto sul resto della trama: zero) accompagnata costantemente da una musichetta alla Jessica Rabbit, che sembra concupire selvaggiamente Dawson, ma la cosa è talmente poco verosimile che viene fatta sparire a metà stagione senza colpo ferire.

1- La prima volta di Joey e Pacey. Uno se li immagina felici, eccitati, innamorati… no. Hanno l’aria solenne e patibolare di chi sta per andare a sostenere l’esame di maturità. C’è disagio, sofferenza, un sacco di smorfiette e di frasi melodrammatiche. E non si erano neanche ancora spogliati.

“Dawson’s creek” è disponibile su Amazon.com Prime Video o Sky Box Sets.31195551_240135853392365_2129390582869524480_n

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