Recensione di “Un certo tipo di tristezza” di Sara Gavioli

“Un certo tipo di tristezza” è un romanzo di Sara Gavioli, pubblicato dalla Inspired Digital Publishing.
Dal momento che sono una fan del canale YouTube di Sara (è un’editor e usa il canale per dare utili consigli di scrittura), ho colto la palla al balzo quando ho scoperto che aveva pubblicato un libro e così ho deciso di leggerlo.
Il libro mi ha piacevolmente impressionato e più di una volta mi ha strappato una lacrimuccia di commozione: la storia parla di Anna, una trentenne che si è appena laureata in triennale, fuoricorso di una vita. Non sa cosa fare, non ha attitudini particolari, rappresenta la classica giovane che si è costretta a prendere la laurea a calci e pugni per fare piacere ai genitori, ma senza avere alcuna ambizione o desiderio lavorativo. Il personaggio all’inizio mi irritava con la sua indolenza, ma è proprio questo il tratto più interessante: Anna è lo specchio di un’epoca, una Neet abbandonata a se stessa, depressa e chiusa dentro di sé, ma senza avere apparentemente problemi: ha una famiglia che la ama, ha avuto le possibilità di studiare e tutti la sostengono… però non riesce comunque a trovare il suo posto nel mondo.
Le cose cambiano improvvisamente quando Anna viene contattata per un lavoro (ovviamente, in perfetto stile italiano, tramite l’intercessione di una parente) ed è costretta a trasferirsi in una casa sperduta in un paesino dimenticato da Dio e dagli uomini: all’interno della misteriosa casa che deve controllare e arieggiare, Anna scopre i diari della precedente occupante e pian pianino si ritrova ad avere una finestra aperta su un’anima in trappola non diversa dalla sua. Contemporaneamente, però, Anna è costretta ad uscire dal guscio ed entrare in contatto con le (poche) persone del paese, in particolare Lidia, una barista aggressiva e dal passato di depressione che, tuttavia, sconvolge in meglio il suo mondo.
Si tratta di un romanzo insolito, permeato di una certa malinconia e senso di frustrazione, come se si fosse perso un treno e non si potesse più tornare indietro: Anna incarna bene quella che è la sensazione di una intera generazione, a cui era stato promesso un mondo che non c’è stato. Anna ricorda spesso la sua infanzia come l’epoca di bugie e illusioni, in cui le avevano detto di essere speciale e glielo avevano fatto credere, salvo poi trovarsi nel mondo vero, che crudele non trova posto per lei: questo mi ha colpito e coinvolto e, anche se lascia spesso l’amaro in bocca, mi ha lasciato veramente molto.
In conclusione, è un libro che consiglio caldamente, nonostante il fatto che, come da titolo, alla fine lascia un certo tipo di tristezza addosso.

un certo tipo di tristezza

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