“Angelology” è un libro urban fantasy di Danielle Trussoni, edito in Italia da Nord.
Il romanzo, uscito nel 2010, è stato un fenomeno editoriale di enorme successo, tanto da essere inserito nella lista dei 100 migliori libri del 2010 del New York Times; i diritti cinematografici sono stati acquistati dalla Columbia Pictures.
La ventitreeenne suora Evangeline vive dall’età di 12 anni nel convento di St. Rose; quando lo studioso dell’arte Verlaine le chiede di cercare nell’archivio del convento la corrispondenza tra una defunta badessa e la filantropa Abigail Rockefeller, la suora inizia a scavare nel passato del suo ordine fino a scoprire la verità sulla propria famiglia e sugli Angelologi, una setta di studiosi che si occupa di studiare gli angeli.
Si apprende dell’esistenza dei Nephilim, i discendenti dell’unione tra gli esseri umani e angeli mandati da Dio per sorvegliare l’umanità; queste creature sono malvagie e nei secoli hanno assoggettato gli esseri umani con indifferenza e crudeltà.
Nel corso degli anni avevo sentito parlare spesso di questa saga, considerata molto importante nel panorama dell’urban fantasy, ed è stato quindi con grandi aspettative che mi ci sono accostata.
L’idea di fondo nasce da un versetto della Bibbia che suggerisce che gli angeli si fossero uniti alle donne umane e per eliminare dal mondo questi abomini Dio avesse mandato il diluvio universale.
Questa frase della Genesi è stata alla base di molte speculazioni negli ultimi anni: è anche stata interpretata in chiave fantascientifica, per esempio da Zecharia Sitchin, che lo vedeva come la testimonianza di un’origine aliena dell’umanità.
L’impressione che ho avuto è che la scrittrice abbia messo veramente molta carne al fuoco: il romanzo unisce le atmosfere alla Dan Brown, tra azioni e cospirazioni nascoste attraverso i secoli, con una documentazione minuziosa sulle leggende angeliche uniti ai miti su Orfeo, un lungo excursus sui monumenti di New York fondati dai Rockefeller e un esteso flashback con i nazisti (quelli non mancano mai) durante la seconda guerra mondiale.
Questo pastiche di idee potrebbe essere il punto di forza del libro, tuttavia la narrazione è spesso faticosa: la scrittrice si sofferma a lungo su particolari che si intuisce sono frutto di una sua ricerca, oppure su alcuni personaggi che evidentemente le piacciono a scapito di altri che secondo me erano molto più interessanti.
I due protagonisti, Evangeline e lo studioso Verlaine, sono veramente insipidi, e il loro abbozzo di love story sembra cacciato lì per dovere, risultando davvero poco credibile; diciamo che tutta la parte ambientata a New York dove i due vanno da un museo all’altro vorrebbe rievocare Dan Brown ma manca della sua verve e del suo ritmo. Il “colpo di scena” era facilmente intuibile dai primi capitoli.
C’è anche un po’ di confusione tra Angeli veri e propri (“buoni”) e Nephilim (“cattivi”), spesso non si capisce se gli Angelologi parlano degli uni o degli altri.
Alla fine il lungo flashback (quasi un quarto del romanzo) della seconda guerra mondiale è la parte più interessante, perché vede i personaggi migliori: Célestine e Gabriella, nonché la studiosa Seraphina Valko, hanno una storia molto più interessante, e sono dei personaggi pieni di carisma anche (anzi, soprattutto!) quando ricompaiono a sessant’anni di distanza.
L’antagonista Percival Grigori è un personaggio sfaccettato e tormentato al punto giusto, anche se avrei voluto saperne di più sulla madre e sulla sorella, figure interessanti che purtroppo rimangono sempre sullo sfondo.
Insomma, ci sono tantissime buone idee, ma leggendo il libro ho avuto la sensazione che molte venissero sprecate per dedicare troppo spazio a vicende molto meno originali; sarebbe stato molto più bello leggere sulle vecchie suore agguerrite che combattono mezzi-angeli cattivi piuttosto che su quei due ragazzini che riflettono su quanto si sono trovati in sintonia da subito.
Ho letto la sinossi del sequel, e purtroppo neanche quel volume a quanto pare esaudisce questa speranza. Peccato!
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