Je suis reboot

Questa settimana entriamo a gamba tesa su una questione alquanto controversa e sempre attuale: i cambiamenti nei reboot.
Da pochi giorni è stata annunciata una nuova versione del famoso anime “I cavalieri dello zodiaco”, che sarà prodotta da Netflix.
Lo sceneggiatore, Eugene Son, tuttavia ha fatto una dichiarazione che ha scioccato il fandom: il personaggio di Andromeda nella nuova produzione sarà una donna. Apriti cielo, il fandom è insorto: come poteva essere un personaggio tanto famoso e amato una donna?
Le proteste sono state molteplici, tanto da spingere lo sceneggiatore a spiegare le proprie scelte, piuttosto ovvie.
“I cavalieri dello zodiaco” è stato scritto trent’anni fa, momento in cui era normale che i protagonisti fossero tutti maschi e le donne solo quelle da salvare: il mondo anime, tuttavia, è popolato sempre di più da un fandom femminile ed è piuttosto normale che richiedano un modello nel quale identificarsi.

Questa non è la prima controversia di questo tipo che si crea: non mi soffermerò sulle troppo diffuse polemiche sul Ghostbusters femminile, ma il problema ha riguardato anche la questione della etnia. Nello spettacolo teatrale di “Harry Potter and the cursed child” Hermione è stata interpretata da un’attrice di colore, scatenando moltissime proteste: effettivamente nel libro non veniva mai indicato di quale colore fosse la pelle del personaggio, tuttavia veniva dato per scontato che fosse bianca.
Stessa questione è nata per l’annunciato reboot su Arsenio Lupin, che, secondo Netflix, dovrebbe essere interpretato da Omar Sy, attore di colore. Discorso analogo con “Death Note”, in cui un personaggio, diversamente dalla serie animata e dal manga, era di colore.
Chi critica dice di non essere razzista, ma di essere semplicemente affezionato alla versione classica.
Secondo me questo è un punto molto importante e le questioni sono principalmente due.

1) Inserire un personaggio femminile (o di colore o di qualunque altra etnia o orientamento sessuale) non è una scelta solo politically correct. Chi accusa di questo le produzioni spesso è oggettivamente infastidito dalla presenza di una sola donna o un solo personaggio nero tra i protagonisti. Ebbene sì, per me sono razzisti e sessisti.
Le donne e le persone di colore non sono una minoranza che va inserita per simpatia e per far vedere quanto la produzione sia di mentalità aperta: rappresentano ormai la maggior parte della popolazione. Il maschio bianco eterosessuale, rappresentato tra gli eroi nel 99% dei casi, non rappresenta il 99% degli spettatori.
E, più importante ancora, non rappresenterà il 99% degli spettatori nei prossimi anni. Marvel lo ha capito anni fa, iniziando a inserire sempre più eroine e eroi delle più varie etnie e dei più vari orientamenti. Questo perché esiste quel pubblico e non è una minoranza ricordata solo dalla televisione: è la maggioranza.

2) Questione difficile anche per me: un reboot si rivolge alle nuove generazioni, non a noi che seguivamo già la prima versione. Non è sempre così, sicuramente le riedizioni puntano al vecchio fandom, ma hanno un obiettivo più ampio (altrimenti, banalmente, farebbero un sequel), cioè quello di creare un nuovo fandom più giovane, che durerà più anni. Spesso si accusa i reboot di disonorare la memoria dei vecchi fan, ma il punto è che la definizione di riedizione è proprio quella di fare qualcosa di nuovo. Anche io spesso sono turbata dalle nuove versioni, non dico che debbano essere necessariamente belle, ma devono essere giudicate per la qualità e non per la loro scelta di fare cambiamenti.

Concludo ricordando ai fan storici dei vecchi anime o film, che le riedizioni con cambiamenti ci sono sempre state: Aramis era diventato una donna già trent’anni fa nel famosissimo anime “D’Artagnan e i moschettieri del re” e nessuno si era lamentato.

andromeda i cavalieri dello zodiaco

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