“Il dominio del fuoco” è un romanzo fantasy della scrittrice e giornalista Sabaa Tahir edito in Italia da Nord. Si tratta del primo volume di una trilogia, di cui in Italia sono usciti i primi due volumi.
La vicenda è ambientata in un mondo dominato dall’impero Marziale, un popolo ispirato agli antichi romani che ha sottomesso le popolazioni circostanti con un regime brutale, grazie alla loro superiore conoscenza delle armi e della lavorazione dei metalli.
I popoli dei Dotti e dei Tribali vivono nel continuo terrore delle incursioni delle Maschere, i crudeli soldati dell’impero, che minacciano di ucciderli, torturarli o imprigionarli come schiavi per la minima infrazione della legge.
Laia, una ragazza Dotta, decide di entrare nella Resistenza per salvare la vita del fratello Darin, l’ultimo familiare rimastole dopo che i genitori, i nonni e la sorella sono stati uccisi per mano delle Maschere; viene quindi inviata la Comandante dell’accademia di Rupenera, dove vengono addestrate le future Maschere.
Elias, l’altro protagonista, è invece una Maschera che si accinge a diplomarsi, nonché l’erede di una potente famiglia Marziale, ma dopo essere stato sottoposto per anni al disumano addestramento sogna di disertare ed essere libero.
Le loro strade si incroceranno quando gli Auguri, una sorta di indovini venerati dai Marziali, annunciano la selezione di un nuovo imperatore tra quattro candidati, tra cui Elias e la sua migliore amica Helene, l’unica donna della sua generazione ammessa tra le Maschere.
L’ambientazione del romanzo è molto interessante, in quanto mescola delle usanze e atmosfere ispirate all’impero romano con delle leggende tipiche della tradizione islamica, come i ginn e i ghoul.
La componente sovrannaturale, costituita perlopiù dalla presenza di queste creature ai margini della storia, è quasi ininfluente in questo volume, ma si intuisce che probabilmente sarà importante più avanti nella vicenda, così come i personaggi del popolo Tribale (che richiamano i beduini e le tribù nomadi asiatiche).
L’autrice è americana di origini pakistane, e questo misto di eredità occidentali e orientali ha costituito per me l’aspetto più interessante del libro.
I personaggi principali sono abbastanza tradizionali, se non banali: Laia è la ragazza inizialmente spaurita che trova il suo coraggio nel corso della storia ed è disposta ad ogni sacrificio per salvare il fratello; la sua bellezza la metterà in pericolo e scatenerà il desiderio non solo di Elias ma anche di Keenan, un tormentato combattente della Resistenza.
Elias dal canto suo è un giovane dai retti principi, nauseato dalla brutalità che lo circonda, a causa della sua infanzia trascorsa tra i Tribali. Il suo rapporto con la compagna d’armi Helene per me è stata la relazione più interessante da leggere e ho trovato Helene il personaggio più complesso e ben descritto, sorprendente fino all’ultima pagina.
Intorno a loro si muovono altri personaggi minori decisamente più incisivi, come la crudele Comandante Keris, madre estraniata di Elias, l’enigmatico capo della Resistenza Mazen e la misteriosa Cuoca; molti di loro, come l’armaiolo Spiro Teluman o la combattente Sana, vengono introdotti soltanto di sfuggita ma immagino che ricompariranno nei successivi volumi.
Una caratteristica che ho molto apprezzato di questo libro è stata la capacità dell’autrice di empatizzare con tutti i personaggi, e riuscire a mostrare un barlume di umanità anche in quelli più sgradevoli, evitando quindi di renderli grotteschi o caricaturali.
Il romanzo, che rappresenta il percorso di crescita verso la libertà dei protagonisti, tocca molti temi che danno alla saga una certa profondità, come lo scontro tra destino e libero arbitrio, il rapporto con le madri (nessuna delle quali viene presentata in modo banale o tradizionalmente materno), la disumanizzazione del nemico sia da parte degli oppressori che degli oppressi.
Il ritmo è molto avvincente e incalzante, e praticamente ogni due pagine i protagonisti si trovano a dover lottare o prendere decisioni difficili per salvarsi la vita: se devo essere sincera ho trovato che questa caratteristica fosse persino esasperata, tanto da distogliere spesso l’attenzione dagli aspetti più affascinanti della vicenda.
L’ambientazione, che è molto ben costruita e di cui si vorrebbe sapere di più, viene infatti presentata in modo un po’ frettoloso, e non viene dato al lettore la possibilità di immergervisi, in quanto c’è subito un qualche pericolo a incalzare i protagonisti.
Inoltre la prima parte è praticamente dedicata nella sua interezza a descrivere quanto l’accademia di Rupenera sia un posto pericoloso, duro oltre il limite della bestialità, e come la vita e l’integrità fisica di Laia siano sempre appese a un filo… per poi farla muovere abbastanza liberamente nella seconda parte, al punto di permetterle di uscire e divertirsi ad una festa nella totale impunità.
Questo aspetto viene in parte spiegato, ma onestamente ho trovato il contrasto poco convincente e un po’ spiazzante.
Mi rendo conto che, sulla scia di Martin e Abercrombie, negli ultimi anni vada di moda il fantasy “grimdark”, caratterizzato da un’estrema violenza e un’attenzione per gli aspetti meno edificanti della vita e dei conflitti, ma a volte, come in questo caso, c’è un’insistenza al limite della forzatura, a scapito del senso di meraviglia e di interesse per un mondo fantastico e soprannaturale su cui dovrebbe essere basata la letteratura fantasy.
Nonostante ciò, sono curiosa di leggere i seguiti e di sapere come la storia si svilupperà, quindi nel complesso la mia impressione è stata positiva e consiglio il romanzo agli amanti dei fantasy dark dal ritmo al cardiopalma.
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