“Il Mondo mi odia” di Elena Sole Vismara è un romanzo YA ambientato in un paesino della provincia di Lecco.
Il protagonista, rispondente allo sfortunato nome di Ethan Cazzaniga, ha diciassette anni e proviene da una difficile situazione familiare: la madre è violenta e anaffettiva, il padre ha problemi di alcolismo e depressione, e il suo unico parente in vita è un nonno che in seguito a un ictus vive in una casa di riposo.
Ethan deve lavorare in un bar per avere il denaro per comprare i libri scolastici, e a causa del bullismo subito da alcuni coetanei vive in una situazione di quasi totale isolamento, limitandosi a osservare da lontano l’adorata Betta; la sua solitudine finirà quando il destino gli metterà davanti due improbabili amicizie, dapprima con Aida, una pensionata che porta dentro di sé il dolore di un abbandono e poi con Melissa, una compagna di classe crossdresser e anticonvenzionale che lo porterà a mettere in discussione i suoi desideri e la sua visione del mondo.
Il romanzo è incentrato sui problemi dell’adolescenza, in particolare sull’insicurezza e sul desiderio di accettazione da parte degli altri, ma nonostante la veste apparentemente leggera dedica ampio spazio a temi come bullismo, violenza familiare e identità di genere, che vengono trattati in modo diretto e senza giri di parole.
Il personaggio di Ethan è molto ben approfondito e la descrizione della sua personalità, della sua quotidianità e anche della sua sessualità è davvero genuina e credibile; altrettanto ben descritta è Melissa che, nonostante il punto di vista narrante sia quello di Ethan, è a tutti gli effetti la co-protagonista. Il rapporto con il suo corpo e la sua identità genderfluid, nonché la sua personalità un po’ spinosa, sono uno dei tratti che mi sono piaciuti di più del libro.
In generale tutti i personaggi, anche quelli che appaiono soltanto marginalmente, sono tratteggiati con maestria ed empatia, trattati come individui complessi e senza cadere nei luoghi comuni: è il caso per esempio di Matteo/Mathieu, che apparirà nell’ultima metà del libro, e sovvertirà tutte le aspettative del lettore.
Ho davvero apprezzato che lo sguardo dell’autrice fosse allo stesso tempo pietoso e pragmatico: tutti i personaggi sono rappresentati con difetti anche terribili, ma senza mai cadere in stroncanti giudizi.
A dire il vero, l’unica voce che avrei voluto sentire di più è stata quella della terribile madre di Ethan: dal momento che il libro è narrato dal punto di vista del figlio lei appare semplicemente crudele e meschina, ma dietro la sua storia si intravedono dei grandi traumi (l’imposizione della gravidanza, con il parto e tutto ciò che comporta, l’obbligo da parte dei genitori di non farli “sfigurare” in paese, eccetera): credo che permettere al lettore di sentire anche la sua campana avrebbe reso la narrazione ancora più completa e matura.
Anche l’ambientazione è molto avvolgente e convincente: la Brianza appare come un luogo apparentemente ameno, dalle abitazioni curate e strade pulite dove i ragazzi girano tranquillamente con le biciclette, ma si percepisce, dietro questa pace di facciata, il pericolo strisciante rappresentato dalla necessità di conformarsi alle convenzioni, un peso che tutti i personaggi sembrano percepire fortemente.
In conclusione, questo romanzo mi ha davvero sorpresa, rivedendo in chiave italiana il genere young adult che si è affermato oltreoceano: consiglio la sua lettura agli adolescenti a cui sembra di essere fuori posto, e a tutti quelli che si sentono ancora tali.
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