“La corte di nebbia e furia” è il secondo e penultimo volume della saga iniziata con “La corte di rose e spine”, edita in Italia da Mondadori.
Come precisato nella recensione del precedente volume (https://themantovanis.blog/…/recensione-di-la-corte-di-ros…/) ho già letto tempo fa l’intera trilogia in inglese, perciò la mia recensione si basa su quella e non tiene conto di eventuali particolarità della versione italiana.
Dopo aver sconfitto Amarantha, Feyre è diventata Fae ed è finalmente libera di vivere il suo sogno d’amore con Tamlin, il Signore Supremo della Corte di Primavera; tuttavia il trauma per gli orrori a cui ha assistito, e che ha dovuto commettere in prima persona, la stanno distruggendo, gettandola ogni giorno di più nel baratro della depressione. Tamlin, dal canto suo, non capisce il suo stato d’animo e, invece di darle tempo e spazio per elaborare il suo dolore, la rinchiude in una gabbia dorata e la opprime con l’etichetta rigida e formale della Corte di Primavera.
Quando Rhysand, il Signore Supremo della Corte della Notte, irrompe nella cerimonia nuziale per portare via Feyre e imporle di tenere fede al patto che aveva fatto per avere salva la vita, cioè di passare con lui una settimana al mese, la vita della protagonista viene nuovamente sconvolta.
La Corte della Notte è davvero il luogo di malvagità e depravazione che i Fae credono, o c’è qualcosa di più dietro? E davvero Feyre desidera passare tutta l’eternità con Tamlin?
Mentre Feyre piano piano viene a patti con se stessa e la sua nuova identità Fae, un pericolo ancora più letale e potente di Amarantha si delinea all’orizzonte, una minaccia che rischia di distruggere l’intero regno di Prythian.
Rispetto al capitolo precedente della saga, secondo me questo libro è molto più appassionante: se il primo volume funge in qualche modo da antefatto, qui si entra davvero nel vivo dell’azione e si delineano i veri antagonisti dell’intera saga.
La trama “politica” e più prettamente fantasy assume un ruolo preponderante nell’ultima parte del libro, in un ritmo sempre più serrato che lascia il lettore a bocca aperta nel colpo di scena finale.
Nonostante si tratti di un volume di oltre seicento pagine, Sarah J. Maas è maestra nel tenere sempre alto l’interesse del lettore, con una gestione impeccabile dell’equilibrio tra introspezione e azione.
Se in “La corte di rose e spine” la storia era completamente incentrata su Feyre e Tamlin, in questo romanzo vengono introdotti nuovi personaggi e in qualche modo l’opera diventa più corale.
Nonostante l’azione e gli intrighi, una larga parte del libro è dedicata al romance, non solo quella tra i protagonisti, ma anche nella definizione della vita sentimentale dei vari personaggi di contorno: insomma, gli shipper non hanno che l’imbarazzo della scelta, perché le coppie tormentate pullulano in ogni pagina.
Inoltre si assiste a una destrutturazione dei trope del genere: le dinamiche tossiche e lo squilibrio di potere tra due innamorati, che apparivano romanticizzate nel primo romanzo, qui vengono affrontate ed esposte come problematiche. In particolare, viene messo in discussione il concetto di amore come possesso esclusivo e viene evidenziato come una vita ricca e felice non possa derivare da una segregazione con la sola compagnia della persona amata, ma sia tale quando viene condivisa con amici e famiglia.
Infatti anche le sorelle di Feyre vengono coinvolte nel vivo della trama, e mi è piaciuto come le iniziali rivalità e incomprensioni siano state contestualizzate e rese più tridimensionali (posso finalmente dire che il mio personaggio preferito è senza dubbio Nesta?).
In questo romanzo viene anche lasciato grande spazio alla descrizione delle diverse culture all’interno di Prythian, cosa che rende l’ambientazione ancora più completa e coinvolgente.
In conclusione, consiglio questo romanzo non solo a quelli che hanno apprezzato il primo libro, ma anche a quelli che ne sono rimasti un po’ perplessi: vi assicuro che tutte le vostre certezze verranno rovesciate! 😉
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