Dopo le 5 cose che gli emergenti non osano dire, ecco le cose che davvero non possono dire, ma che sotto sotto tutti (o quasi) pensiamo.
1) Essere “personaggi” per vendere e “metterci la faccia” è un’agonia
Diciamolo, chi pubblica libri lo fa perché scrivere è divertente ed essere letti è molto bello. Chi lo fa vuole che siano le proprie storie e personaggi ad andare avanti, non i reel con la loro faccia con un libro in mano.
2) Bisogna essere social e andare agli eventi per farsi conoscere.
Raga, mi piace scrivere perché non devo vedere nessuno, perché mi obbligate ad andare contro la mia natura?
3) Alcune recensioni non servono a nulla.
“Ringrazia sempre per una recensione, è qualcuno che ha perso tempo per leggerti e per dirti cosa non va”. A volte ci sono recensioni costruttive che aiutano a crescere e migliorarsi (raramente non richieste), ma spesso ci sono recensioni assurde e piene di insulti. Non siete obbligati a ringraziare, è legittimo arrabbiarsi. Non vi diciamo di rispondere stizziti tipo le recensioni famose su trip Advisor, ma potete avere abbastanza rispetto per voi stessi da infischiarvene. Essere autore non vuol dire prendersi insulti perché sennò “è colpa tua che non accetti le critiche”.
4) Le attività che non vi permettono di rientrare delle spese non vanno bene.
“Eh ma la visibilità…” se è una vostra scelta di marketing va benissimo, altrimenti no. Vale per gli eventi (coff coff Salone del libro di Torino) sia per le copie omaggio in cartaceo. Non c’è nulla di sbagliato a farsi i propri conti come per qualunque attività svolta con professionalità.
5) Chi vi elogia in privato e vi critica in pubblico non è vostro amico.
È un diritto di ogni lettore fare recensioni pubbliche, ma guardatevi nel privato da queste persone perché evidentemente non vi vogliono aiutare.
Non c’è nulla di male a offendersi con chi vi tratta male in pubblico. Avete scritto un libro, che può piacere o non piacere, non vi siete iscritti ad un corso per diventare punching ball.
Fonte immagine: Robin Higgins Pixabay

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