“Lo Skryun-Esodo” è il terzo volume della omonima serie dieselpunk, scritta e prodotta da Vincenzo Valenti.
Vi avevamo già parlato del volume 1 qui e del volume 2 qui.
La storia riprende dall’esatto momento in cui era finita nel precedente libro, cioè con Marx, il nostro nano carrista (senza carro, ahimè) che si ritrova in un mondo ostile e con una guerra che infuria. Vaandau, il suo nuovo alleato, gli offre una prospettiva diversa e insieme si trovano a scoprire una vera e propria setta, gli Zeloti della Fiamma, che si pongono come miglior speranza per il mondo. Non solo, la nostra Tessitrice, già conosciuta nel secondo, qui si presenta in tutta la sua oscurità e disperazione, mentre l’Ombra è sempre più vicina. A completare il quadro, orchi ed elfi fanno (finalmente) la loro comparsa su quella che è diventata una scacchiera, con ogni personaggio o schieramento che è una pedina pronta all’inizio della partita.
Questo romanzo è senza dubbio di transizione e, come detto, si pone l’obiettivo di arrivare allo scontro finale del quarto libro. La cosa interessante, però, è che non sono capi di stato o grandi generali a fornirci la prospettiva di tale scontro, bensì la fanteria, se così si può dire. Marx rappresenta perfettamente le truppe di base, i pedoni della scacchiera, quelli che sono considerati carne da cannone: eppure lui dimostra la capacità di capire cos’è la sopravvivenza nonché la duttilità mentale di sapersi alleare anche contro i nemici di un tempo. Mi è piaciuto come si passasse dalla situazione del primo in cui la guerra era la cosa più importante a “vabbè, chissene frega se sono i nemici” di adesso: mi ha ricordato molto la guerra fredda anni Ottanta. Questo elemento è ancora più forte nel vedere la burocrazia nanica, quel misto di regole ferree e di “chissene importa” che ricorda davvero tanto l’URSS.
Detto questo, spero di vedere maggiormente gli elfi nel quarto volume, perché, come Marx, anche io come lettrice ne so ancora troppo poco.
Ci ho messo un po’ a capire che questo terzo volume non fosse l’ultimo, forse perché si respirava quell’atmosfera fichtiana di “tesi, antitesi e sintesi”: nel primo avevamo la luce (i nani, i buoni), nel secondo l’oscurità (le origini della nostra Tessitrice) e ora finalmente l’unione (la sintesi). Eppure a pensarci, la vera sintesi non c’è stata: ci ho messo qualche ora di riflessione a capire cosa mancava e no, non era la battaglia finale, bensì il cattivo. Ok, abbiamo l’antagonista, abbiamo la Tessitrice, ma è l’emanazione del male: buffo averlo scordato, perché abbiamo avuto un intero libro, il secondo, per vederla come vittima. Se i tempi di climax e anticlimax mi hanno ricordato un po’ la serie Battlestar Galactica, questo aspetto mi ha fatto rivivere le emozioni degli anime anni Ottanta-Novanta: vedi l’antagonista, sai chi è, eppure sai che in fondo è una vittima come gli altri e, se anche venisse sconfitto, in fondo non cambierebbe nulla. Ed è questo ciò che mi aspetto dal volume conclusivo: l’Ombra, il vero cattivo. La battaglia finale, l’arrivo dei nostri, dev’essere contro il vero cattivo.
Dal punto di vista della forma, il libro riprende lo stile dei primi due, cioè poche descrizioni e tanta azione, con capitoli corti e salti del punto di vista narrante, anche temporali. Secondo me, questo romanzo ha un’estetica più definita rispetto al secondo, ancora una volta un mix tra le atmosfere dieselpunk del primo e il dark fantasy del secondo. Se però i primi due erano caratterizzati da uno stile “brutti, sporchi e cattivi”, in questo sono tutti più affascinanti e, in un certo senso, belli: difficile non immaginarsi la sinuosità della Tessitrice di corpi, ma anche una sorta di piacevole eroismo da uomo medio di Marx.
Concludo con una lode: finalmente si capisce il significato del titolo! Tra l’altro nel capitolo, secondo me, scritto meglio.
Concludo con consigliarlo a chi cerca una lettura diversa dal solito, un fantasy con una ambientazione davvero originale.

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