Recensione di “Sei di corvi” di Leigh Bardugo

“Sei di Corvi” è un romanzo fantasy di Leigh Bardugo, in uscita il 24 Settembre in Italia per Mondadori.

La vicenda è ambientata nello stesso universo della precedente trilogia dell’autrice (la cosiddetta “Grisha trilogy”, purtroppo non ancora tradotta in Italia): in questo universo le persone con poteri magici sono chiamati Grisha, e il loro trattamento da parte della società cambia nei diversi paesi che compongono il variegato e realistico mondo in cui si muovono. Nel regno di Ravka (ispirato alla Russia zarista) sono impiegati come soldati, nel nordico regno di Fjerdan sono perseguitati, mentre nell’orientale Shu Han sono studiati e vivisezionati.

“Sei di Corvi” è ambientato a Ketterdam, una città indipendente che ricorda le Fiandre secentesche, dalla feroce vocazione commerciale, in cui i Grisha vivono più o meno liberamente ma sono vulnerabili al potere delle varie bande di criminali.

La banda dei Dregs (il cui simbolo è, appunto, un corvo) è guidata dal machiavellico Kaz Brekker, un ambizioso e avido giovane gangster che si muove con sicurezza nei pericolosi bassifondi popolati da giocatori d’azzardo, ladri, tenutari di bordelli e loro clienti.

Un giorno riceve una proposta da parte del ricco commerciante Van Eck: in cambio di una vertiginosa somma di denaro, deve mettere insieme una squadra per recuperare dal regno di Fjerda l’inventore di una potente droga che amplifica i poteri dei Grisha, la cui diffusione destabilizzerebbe la società in modo incontrollabile. Il prigioniero è rinchiuso nell’impenetrabile fortezza chiamata Corte di Ghiaccio.

Kaz accetta e recluta altri cinque membri della banda: Inej, una spia ex-acrobata abilissima nel muoversi silenziosamente, Jesper, tiratore infallibile col vizio del gioco d’azzardo, Wylan, il figlio estraniato dello stesso Van Eck, esperto in demolizioni Nina, Grisha ed ex-soldata di Ravka e infine il recalcitrante soldato Fjerdiano Matthias, che conosce perfettamente la Corte di Ghiaccio.

I sei partiranno alla volta di Fjerda, in una missione impossibile che si rivelerà ricca di colpi di scena.

Questo libro, anzi, l’intera duologia che è completata da “Il regno corrotto”, è una delle saghe più appassionanti e meglio scritte che abbia letto negli ultimi anni.

La scrittura di Leigh Bardugo ha la profondità e la complessità del George R.R. Martin dei tempi migliori, ma con un ritmo più incalzante e senza il suo gusto del macabro.

La storia narrata rimanda ai film incentrati sugli imbrogli, da “La Stangata” a “Ocean’s Eleven”, in cui lo spettatore conosce solo parzialmente il piano del protagonista e rimane di volta in volta stupito dalla sua pianificazione e dai colpi di scena.

Nonostante il registro apparentemente leggero, il libro tocca molti temi profondi e controversi: tutti i personaggi hanno una psicologia complessa e realistica, segnata da traumi passati.

Inej è stata rapita dal suo paese natale e venduta come schiava in un bordello prima di essere riscattata da Kaz ed essere entrata a fare parte dei Dregs. Il suo passato è descritto con molta delicatezza ma senza minimizzare l’impatto sulla sua psicologia.

Kaz, nonostante la sua brillante astuzia, è fragile dal punto di vista umano, con la fobia del contatto fisico con le altre persone; Jesper deve fare i conti con la sua dipendenza dal gioco, Wylan con il tormentato rapporto col padre e un’insospettabile disabilità, mentre Nina e Matthias hanno un passato come nemici in guerra.

Il romanzo non è coinvolgente soltanto per la trama dall’andamento serrato, ma anche, o forse soprattutto, per i rapporti tra i personaggi, che sono delineati in modo molto originale e senza facili stereotipi.

L’unica critica che mi permetto di fare riguarda l’età dei protagonisti: probabilmente al fine di far rientrare la saga nel lucrativo settore Young Adult, l’autrice ha reso tutti i protagonisti diciassettenni o al massimo diciottenni. Nessuno di loro, tuttavia, ha una psicologia realistica per un adolescente, e sarebbero molto più credibili come ultra-quarantenni (in particolare il “giovane” Kaz).

Questo non impatta per nulla il piacere della lettura, ma personalmente mi ha fatta un po’ sorridere.

Un caveat che devo aggiungere alla recensione riguarda l’ordine di lettura dei libri del Grishaverse: nonostante la duologia di “Sei di Corvi” sia perfettamente leggibile anche senza conoscere la Grisha Trilogy, nel corso della vicenda vengono fatti diversi riferimenti ai personaggi della trilogia (e nel “Regno Corrotto” compaiono proprio alcuni dei personaggi), cosa che inevitabilmente spoilera in qualche misura il finale e diversi colpi di scena della stessa.

Consiglierei ai lettori anglofoni di leggere prima la Grisha trilogy per evitare questo inconveniente; quelli che leggono soltanto in italiano invece non possono farci molto, perché questi libri non sono ancora stati tradotti.

In ogni caso, non lasciate che questo piccolo dettaglio vi distolga da “Sei di Corvi” perché è davvero un romanzo appassionante, profondo e avvincente che non posso che consigliare a tutti gli amanti del genere.

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