Recensione di “L’uomo con il berretto rosso” di Emanuela Navone

“L’uomo con il berretto rosso” è un thriller psicologico di Emanuela Navone, pubblicato in self nell’Agosto 2020.

Patrizio è un uomo come tanti, con un passato di dipendenza dal gioco d’azzardo e un rapporto difficile con il fratello Riccardo, proprietario di una tabaccheria. Un giorno, sul treno, si rende conto di essere seguito da un uomo con un berretto rosso, che lo fissa insistentemente. Se all’inizio sembra una coincidenza, con il tempo Patrizio si rende conto che il misterioso sconosciuto ce l’ha proprio con lui. Il problema, però, è che nessun altro lo vede.

L’ossessione per lo scoprire l’identità dello stalker porterà Patrizio in una spirale autodistruttiva che lo allontanerà da tutte le persone della sua vita.

Il romanzo è breve e molto scorrevole (io l’ho letto in poco più di una serata). Il ritmo è incalzante, e la struttura mi ha ricordato un po’ i racconti di Stephen King, con la dimensione dell’inspiegabile che prende piede poco alla volta.

I personaggi sono ben delineati, con una particolare attenzione ai loro gesti quotidiani; le abitudini, i manierismi, le loro preferenze alimentari sono descritte con attenzione, contribuendo a renderli immediatamente vivi e genuini per il lettore.

Il romanzo si svolge in una Genova cupa e un po’ losca, con gang di piccoli criminali della porta accanto, barboni lasciati a loro stessi e bische di gioco d’azzardo sempre pronte ad riaccogliere Patrizio nella loro stretta rassicurante quanto pericolosa.

C’è molta attenzione al ruolo della famiglia nella definizione dell’identità dell’individuo: in un certo senso, il rapporto tra i due fratelli, Patrizio e Riccardo, costituisce il perno intorno a cui si svolge la narrazione. Riccardo è tutto ciò che Patrizio non è (affidabile, responsabile padre di due figli), mentre il protagonista brama essere all’altezza del modello fraterno fino a perdere la sanità mentale.

“L’uomo con il berretto rosso” può anche essere letto come una denuncia alla situazione di abbandono e mancanza di sostegno adeguato in cui si trovano le persone afflitte da malattie mentali; in questo mi ha ricordato Taxi Driver di Martin Scorsese o il più recente Joker di Todd Philips.

Un romanzo assolutamente consigliato a tutti gli amanti dei thriller psicologici con un’ambientazione italiana.

2 risposte a "Recensione di “L’uomo con il berretto rosso” di Emanuela Navone"

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