“Cavie” è un romanzo distopico scritto da Liliana Marchesi ed edito da “La Corte”: il libro è uscito ufficialmente il 29 Agosto, ma io lo avevo acquistato in anteprima al Salone del Libro di Torino.
La storia inizia in modo singolare, con la protagonista Cora chiusa in una bara di vetro, col corpo freddo e bloccato dal gelo; al suo risveglio, confusa e senza alcuna indicazione su cosa sia capitato, si ritrova in quello che sembra un laboratorio, con accanto un ex-soldato di nome Kurtis. L’inizio, a metà tra Matrix e Wayward Pines, trascina subito il lettore in una serie di avventure al cardiopalma, dove si sperimenterà fino alla fine la stessa confusione e la stessa paura di Cora e Kurtis, nel disperato tentativo di comprendere il perché di questi inquietanti eventi.
Il romanzo ripende ed esalta lo spirito di ogni distopia, cioè nel trovarsi di fronte un mondo familiare ma ostile, cambiato, anzi distrutto in buona parte; qui però del mondo al di fuori poco ci importa, la maggior parte degli eventi avvengono all’interno di questa struttura segreta, impedendoci di capire dove e, soprattutto, quando ci si trovi. Questo spaesamento spazio-temporale funziona molto bene e regala all’ambientazione così limitata una complesità e un’angoscia notevoli.
I personaggi sono pochi, ma hanno molti pregi. Cora è senza dubbio il personaggio più affascinante: quando si risveglia non ricorda nulla di sé, ma lentamente inizia a sperimentare diversi flashback e a delinerare una personalità che io ho apprezzato moltissimo. Sebbene dapprima venga presentata come la “donzella in difficoltà”, aiutata dal buon ex-soldato, muscoloso e aitante, che sa fare tutto, Cora si rivela pian pianino come il vero personaggio portante; tale evoluzione mi ha colpito in positivo e mi ha fatto anche smettere di detestare il povero Kurtis, che dopo tutte le descrizioni su quanto fosse vigoroso e ben messo, mi era stato antipatico. Ho trovato molto interessanti le evoluzioni dei personaggi, poiché smentiscono quelle che sembravano le premesse del romanzo: l’autrice stupisce in questo modo il lettore, cosa che io ho apprezzato enormemente.
Il romanzo è molto corto, si legge in pochissimo tempo; all’apparenza dovrebbe essere autoconclusivo, ma ho avuto l’impressione che potrebbe essere previsto un seguito. Io stessa, arrivata al finale, avrei voluto saperne di più e avrei gradito una storia successiva: non ho altre informazioni in merito, per cui non mi resta che aspettare.
Un particolare che invece non ho apprezzato, è stato l’inserimento di una minaccia di violenza sessuale, abbastanza esplicita e, seppur non descritta, chiaramente subita da un altro personaggio. La cosa viene buttata lì e le ripercussioni sul resto della storia sono minime, praticamente ininfluenti: la minaccia serviva a temprare il personaggio femminile e a dimostrare che la situazione era grave. So che questo è un espediente narrativo usato in continuazione, ma io continuo a non apprezzarlo.
In conclusione, si tratta di un romanzo distopico insolito per il tipo di narrazione, con molti elementi tipici della fantascienza: penso che potrà essere apprezzato per questo da i lettori di entrambi i generi. Inoltre, la lunghezza contenuta lo rende un libro perfetto da divorare in un pomeriggio o in una serata.