Perché non mi ha convinto “Questione di Costanza” di Alessia Gazzola

“Questione di Costanza” è il primo romanzo di una nuova trilogia di Alessia Gazzola, già autrice della fortunata serie de “L’Allieva”, che ha anche avuto una trasposizione televisiva.

Costanza Macallé, anatomopatologa originaria di Messina e madre single di Flora, una bimba di tre anni, si trasferisce a Verona in seguito all’aggiudicazione di un concorso per un posto nell’Istituto di Paleopatologia, una branca dell’archeologia che si occupa dello studio di resti umani, cosa che alla protagonista non interessa per nulla. Costanza, infatti, sogna non troppo segretamente di trasferirsi con la figlia nel Regno Unito e di dedicarsi alla “vera” medicina.

A Verona, tuttavia, dopo un inizio non entusiasmante, si interessa alla storia dietro allo scheletro di un cavaliere teutonico del 1200 ritrovato in uno scavo; parallelamente, rintraccia il padre di Flora, tale Marco, con cui aveva avuto una fugace avventura a Malta e che non era più riuscita a contattare per informarlo della gravidanza.
Le vicende di Costanza sono intervallate dalla narrazione della storia di Selvaggia e Biancofiore, figlie naturali dell’imperatore Federico II di Svevia, e del loro legame con lo scheletro ritrovato.

Lo stile della Gazzola è sempre quello che i lettori della serie di Alice Allevi già amano: chiaro, conciso, a metà tra il giallo e il romance, il romanzo è fresco, scorrevole e si legge in poco tempo.

Accanto alla narrazione principale, ci si ritrova a sorridere per le osservazioni sulla vita quotidiana della protagonista, e sulla sua garbata ironia sulle disavventure materne e professionali.

Dal punto di vista del ritmo, il romanzo è gradevole e senza punti morti.

Tuttavia, nonostante lo stile sia personale e impeccabile, questo libro mi ha anche lasciato un grande senso di frustrazione, in particolare per come è rappresentato Marco, il tenebroso architetto e ignaro padre di Flora, per cui Costanza ha una gran cotta e che viene inquadrato dalla narrazione come love interest.

Questi a me è sembrato antipatico e prepotente: alla scoperta della sua paternità non esita ad accampare recriminazioni, quando era lui ad aver tradito la fidanzata con la protagonista ed averla lasciata sul ciglio di una strada dopo un rapporto a rischio, rendendosi poi irrintracciabile; dopo che ha conosciuto la bambina da un paio di settimane cerca di impedire a Costanza di trasferirsi per lavoro in virtù del suo ritrovato legame; in generale tratta la protagonista con disprezzo e supponenza, e ogni suo gesto vagamente civile viene presentato come eroico e come segno che è e potenzialmente un padre modello.

Questo effetto viene amplificato dal fatto che Costanza sembra incontrare solo corteggiatori che alla menzione della figlia scappano a gambe levate, cosa che, per contrasto, fa riflettere la protagonista e la sorella sul fatto che Marco sia “una brava persona” e “uno che ci tiene” perché dopo aver conosciuto la figlia da pochi giorni pretende di dettar legge sulle opportunità lavorative della madre.

A volte avrei soltanto voluto prendere Costanza da parte e consigliarle di scappare a gambe levate da ‘sta chiavica di Marco, di non fargli riconoscere la bambina per nessun motivo e di farsi la propria vita, che stava tanto meglio senza di lui.

Nonostante la serie de “L’Allieva” presentasse come romantiche delle dinamiche simili, cosa che già allora mi aveva fatta rabbrividire, spero proprio che questa serie si tramuti in una storia di riscatto e che Costanza si trovi un innamorato più simpatico di ‘sto stronzo.

Se il romance deve farti sognare una storia d’amore, si può senz’altro desiderare qualcosa di meglio.

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