“Il Giuoco delle permutazioni di vita” è un romanzo di fantascienza scritto da Carlo Barbieri e pubblicato dalla casa editrice Edizioni italiane, che ringraziamo per la copia digitale.
La storia è ambientata in un futuro in cui la intera società mondiale è stata sostituita da un nuovo paradigma, cioè il Giuoco delle permutazioni di vita. In pratica, per evitare conflitti e disuguaglianze (che nella storia avevano portato a una guerra globale devastante), le persone cambiano status sociale e lavoro ogni cinque anni, con una assegnazione tramite algoritmo.
In questo modo nessuno è privilegiato per troppo tempo e si può godere appieno la vita, con una rotazione quinquennale.
Le cose si fanno strane quando Kessian, dopo ben dieci anni di livelli alti (quindi status sociale, ricchezza e lavoro migliori), si ritrova a essere addirittura aumentato di livello.
Aliin, matematica dell’ordine dei Custodi del Giuoco, si inizia a rendere conto che nelle equazioni che governano il meccanismo c’è qualcosa di singolare, come una pista da seguire.
I due, in modi diversi, dovranno mettere in discussione le loro convinzioni sul Giuoco.
Il romanzo parte da una premessa interessante e ci catapulta in un mondo a metà tra il distopico e l’utopico, elemento tipico dei romanzi che si pongono l’obiettivo di modificare in maniera così marcata il nostro modello di società.
Non ci sono più guerre né conflitti tra classi sociali, nazioni ecc ma l’uomo è fermo ad uno stato di sviluppo e non nutre particolari ambizioni.
I personaggi si muovono in un mondo fatto di equazioni (algoritmi) e di modelli rigidi, ma disquisiscono di filosofia e il bisogno primordiale di porsi certe domande permane.
Il finale è forse l’elemento che ho apprezzato maggiormente e credo lasci la porta aperta a un seguito. D’altra parte il mondo fantascientifico costruito è complesso e articolato, mi aspetto che possa essere ancora approfondito e sfruttato.
Lo stile è ricercato, molto più nei dialoghi che nella prosa, segno che il libro ha un forte elemento utopico: nel futuro evidentemente parleremo come in un romanzo dei primi del Novecento, alla faccia della involuzione del linguaggio!
Il ritmo l’ho trovato discontinuo, specialmente a metà, per poi ripartire nel finale.
Gli elementi che non mi hanno convinto sono essenzialmente due: i personaggi e la trama romanzata. I primi li ho trovati poco approfonditi, distinguibili dal nome ma non definiti come persone. I loro dialoghi servivano più che altro a parlare di filosofia ma di loro in quanto persone a tutto tondo c’era poco o niente, secondo me.
La trama romanzata mi è sembrata quasi assente: spesso ho avuto l’impressione di leggere un saggio gradevolmente travestito, un’occasione per parlare di tecnologia, umanità, progresso, intelligenza artificiale, internet e social. Ma di storia, colpi di scena, personaggi, azione nel libro non ho trovato quasi nulla. C’è una rivelazione finale, ma non un colpo di scena; l’azione è assente, i personaggi principalmente disquisiscono.
In conclusione, un romanzo con un impianto classico e lineare, che credo potrà essere apprezzato dai fan della fantascienza speculativa.

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