Recensione di “Skyward- Conquista le stelle” di Brandon Sanderson

“Skyward- Conquista le stelle” è un romanzo sci-fi di Brandon Sanderson arrivato in Italia a metà 2019 e pubblicato dalla casa editrice Armenia. Si tratta del primo di una serie, il cui seguito dovrebbe uscire in inglese alla fine di quest’anno.

La storia è ambientata su un altro pianeta, chiamato Detritus, su cui molti umani vivono confinati e costretti ad una guerra perenne contro i Krell, alieni aggressivi che attaccano i loro avamposti e centri con una certa continuità. Spensa, la protagonista, è la figlia di un pilota importante, che lei ammira e sogna di poter emulare percorrendo lo stesso cammino. Tutto cambia durante una battaglia fondamentale, dove il padre di Spensa perde la vita dopo essere stato abbattuto con il suo astrocaccia per codardia. Questo segna il destino della bambina in modo totale, poiché lei cresce emarginata e in povertà a causa di questo evento; il sogno di diventare pilota, tuttavia, si fa più marcato per poter togliersi di dosso la fama di codarda (percepita in questo mondo come genetica e, dunque, anche di Spensa) e per poter riscattare la memoria del padre. Questo desiderio viene però osteggiato da tutti e Spensa dovrà lottare ancora di più degli altri ragazzi per riuscire a diventare un vero pilota. Il tutto avviene nella cornice di una città disposta a grotte, dove essere attaccati da alieni assassini è la norma e i detriti sono fonti di ricchezza.

Ho aspettato un po’ per iniziare questo libro poiché approcciarsi ad un libro che ti hanno tutti consigliato con ardore è sempre difficile: il rischio di rimanere delusi, con aspettative così elevate, è sempre dietro l’angolo, ma per fortuna non è stato il mio caso. Il libro mi è piaciuto, anzi, mi è piaciuto così tanto che trovo difficile fare una recensione completa, visto che l’unica cosa che davvero mi sento di dire per descriverlo è “figo”.

La trama, per quanto semplice, cattura fin da subito, il ritmo è serrato, cosa che rende una vera tortura doversi staccare dal testo per andare a mangiare o in bagno; i personaggi sono veri, delineati e intensi. Tuttavia, non credo sia solo questo il bello del libro: nonostante l’ambientazione sia oggettivamente sfigata (guerra costante, classi sociali, prove difficili, pericolo di essere uccisi in continuazione, povertà, ecc), io come lettrice volevo davvero essere lì, mi sentivo trasportata e coinvolta nelle vicende dei personaggi in modo totale. E poi c’era la voglia di andare avanti e scoprire di più sui vari misteri, con, allo stesso tempo, il desiderio di non arrivare mai alla fine. Insomma, il libro ha tutto ciò che ci si aspetta da un buon romanzo, cioè coinvolgere, catturare e conquistare.

Lo stile è molto descrittivo, ciononostante riesce nell’impresa di non essere mai noioso, cosa non sempre facile per una fantascienza tecnologica/militare. Le descrizioni dei combattimenti sono dettagliate, così come quelle sugli armamenti e sulle tattiche belliche. Anche i rapporti tra i personaggi non sono banali, cosa che ho apprezzato moltissimo: non vi è mai una netta separazione tra buoni e cattivi e i personaggi vengono trattati con empatia, senza mai renderli ridicoli e incensati. Spensa è una buona protagonista, con pregi e difetti ben visibili e, per questo, un buon narratore: ho trovato divertente che lei, così fissata con l’onore dei combattenti, parlasse in modo esagerato e pomposo di cosa avrebbe fatto ai suoi nemici, come ogni eroina drammatica. La cosa che funziona meglio, però, è la reazione degli altri personaggi, che la guardano perplessi e sconcertati e non capiscono perché faccia così. Ho trovato che ci fosse un ottimo equilibrio tra situazioni divertenti e tragiche, senza mai eccedere verso un estremo o verso l’altro: questo ha reso le vicende più verosimili e, allo stesso tempo, più coinvolgenti a livello emotivo.

Un altro elemento che mi ha colpito in positivo è stato quello della guerra. Diciamo pure che tutto ruota intorno al conflitto, alla volontà di vincere le proprie paure e lottare per l’umanità; tuttavia, il romanzo offre un punto di vista insolito, cioè di una condanna all’esaltazione dello scontro, così come a considerare le persone importanti solo se funzionali alla guerra. Ho trovato che questo doppio aspetto rendesse il libro ancora più maturo e non vedo l’ora di scoprire come sarà trattato più avanti, nei successivi.

In conclusione, il romanzo mi è piaciuto veramente tanto e lo consiglio a tutti gli amanti del genere.

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