“The Silent Edge- Liberi in ogni terra” è il secondo volume dell’avvincente saga steampunk/fantasy, scritta da Matteo Malvisi, Matteo Ivaldi, Davide Bello e Giorgia Giacchi, e pubblicata nel 2020 da “Antonio Mandese Editore”, che ringrazio per la copia digitale.
Vi avevamo precedentemente parlato del primo qui
Il romanzo riprende da dove ci eravamo interrotti nel primo, ma segna un cambio di ambientazione netto: abbandoniamo, infatti, gli scenari desertici e depressi de “Il ranger del deserto”, e arriviamo alla città di Grandchamp, culla di tecnologia e civiltà rimasta dopo il genocidio di Dawnwater compiuto dalla Nemesi. La maga Maud e l’alchimista Brian giungono per primi e ci presentano uno scenario steampunk di base seicentesca con due grandi peculiarità: un governo diviso che cerca di portare ordine e un terribile serial killer che si aggira per i vicoli, chiamato il Tassellista. Elias, Gin e Suennel sono alle calcagne della coppia, decisi a fermarli prima che si trovino convocati a palazzo: infatti, il serial killer non è l’unico mistero a Grandchamp, vi sono anche le origini di Maud.
Si tratta di un libro molto lungo, 800 pagine in cartaceo, e porta avanti tre storyline differenti: la prima è senza dubbio quella thriller/investigativa legata al serial killer (che comunque mantiene una componente fantasy notevole), la seconda quella legata alla città e alla sua politica, la terza è quella che per un po’ rimane sopita, cioè il mistero della Nemesi. Come sempre, è il personaggio di Elias a riportarci a questa ricerca, elemento di congiunzione tra i volumi della saga e perno portante del mistero di “The Silent Edge”.
Ho trovato che il libro fosse strutturalmente diviso in due parti: nella prima vediamo i due gruppetti separati e la sottotrama del Tassellista domina la scena. In particolare, Maud e Brian tentano di scoprire cosa si celi dietro gli shining già presenti nel primo libro; Elias, Gin e soprattutto Suennel, invece, fanno amicizia con Milo Carnival, giovane accusato inizialmente di essere il Tassellista e poi rilasciato, sospettato fortemente per il suo essere albino. Questa prima parte, personalmente, l’ho trovata meno avvincente e un po’ sottotono, senza la freschezza che caratterizzava “Il ranger del deserto” (lo so che “freschezza” sembra un controsenso visto che il libro era ambientato nel deserto, ma vabbè…).
La storia cambia marcia intorno a pagina 350, quando i personaggi si riuniscono e inizia l’udienza di Maud: da quel momento, il libro sembra accelerare come un’automobile che ti incolla ai sedili, grazie soprattutto a Elias che ci riporta al mistero principale. Cosa è accaduto a Dawnwater? Cosa sono le Nemesi e perché hanno lasciato sopravvivere l’umanità? Ho trovato inoltre molto verosimile che, nonostante la popolazione sia stata di fatto decimata, le antiche divisioni tra i popoli permangano e che ancora non riescano a fare squadra.
I protagonisti evolvono benissimo, sopratutto nelle relazioni tra di loro: come spesso accade nei gruppi, alcuni vanno più d’accordo con altri e si formano dei “sottogruppetti” o coppie, che, a mio giudizio, funzionano benissimo. Nonostante tutto il libro cerchi di esacerbare i loro conflitti, sono arrivata alla fine che li ho sentiti più coesi che mai, complice un plot twist e la identificazione di un vero e definito “villain”.
Il lungo tomo è strutturato come una serie televisiva alla Lost in molti punti, più di una volta ho avuto l’impressione di essere “alla stagione due di The Silent Edge”; anche la narrazione con i flash back contribuisce a questo effetto, dando l’idea di arrivare all’episodio dedicato a quel personaggio. Questo mi ha fatto affezionare ancora di più ai miei preferiti (Maud e Brian) e a rivalutare quelli che invece mi erano meno simpatici (come Gin o Suennel). Ho trovato ancora una volta gestito molto bene Elias, sempre a metà tra il suo essere il leader della missione e, al contempo, mantenere una natura manipolatoria.
Gli autori giocano con la curiosità del lettore per l’ambientazione, stuzzicandola con qualche descrizione steampunk, ma senza mai definirla in modo totale; tecnica analoga viene usata per l’elemento fantasy che qui ha un ruolo più preponderante ma sempre legato al mistero. Dobbiamo accontentarci dei flashback di Maud per apprezzarlo in pieno, ma molte domande rimangono ancora aperte. Personalmente ho trovato insolita questa tecnica; inoltre, essendo gestita sapientemente, porta il lettore a desiderare andare avanti pagina dopo pagina, libro dopo libro.
In conclusione, un ottimo secondo volume, bello da vedere (graficamente è molto curato) e piacevole da leggere. Non vedo l’ora che esca il seguito.
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