Recensione di “Sotto i soli di Gwalthur” di Mala Spina

“Sotto i soli di Gwalthur” è un romanzo di fantascienza, scritto da Mala Spina e pubblicato da Plesio Editore.

La trama è ambientata in un futuro in cui la Terra non se l’è passata bene e ha dovuto provare a colonizzare lo spazio. Sul pianeta Gwalthur, terraformato e lasciato ad un’intelligenza artificiale, la popolazione si è evoluta in maniera tribale e con una società patriarcale violenta e rituale, isolati dal resto della civiltà umana. Le cose cambiano quando Zorya, cacciatrice e costretta a sposare l’assassino di suo padre, decide di ignorare la tradizione e scappare, proprio quando Ben Sawyer, un agente della Compagnia, finisce sul pianeta. I due si ritrovano a collaborare pur di scappare da un mondo ostile e dalla pressione di una galassia incentrata al profitto.

Sebbene lo scenario sia chiaramente distopico (il mondo primitivo che intrappola le donne in rituali sessisti, una Terra rovinata, una mega Compagnia che ha imposto un capitalismo esasperato nella galassia), il romanzo è divertente, ironico e permeato da una certa positività, tanto che mi sentirei di definirlo per ragazzi. La storia scorre rapida e avvincente senza punti morti, complice una narrazione fluida e un ritmo deciso.

I personaggi sono simpatici, in una contrapposizione riuscita: Zorya è una guerriera abituata a cacciare mostri, convinta che le divinità li guardino e li scelgano. Ben Sawyer è un agente ipertecnologico e un po’ cyborg che cerca di sopravvivere ad una memoria cancellata e una intelligenza artificiale che lo riempie di chiacchiere sociopatiche e ciniche.

Credo che sia proprio il mix di tanti punti e stili diversi a determinere la bontà del racconto, oltre che uno stile curato e immediato.

Consigliato agli amanti delle space opera e a chi cerca una lettura veloce e avvincente.

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