Recensione di “Midnight Mass” / Review of “Midnight Mass”

“Midnight Mass” è una miniserie horror disponibile su Netflix, diretta da Mike Flanagan, il creatore della serie The Haunting (anch’essa su Netflix).

Sull’immaginaria isola di Crockett Island vivono poco più di un centinaio di persone, perlopiù dedite alla pesca, attività che ha subito un notevole rallentamento in seguito a un disastro ecologico di qualche anno prima; quasi tutti (con l’eccezione dello sceriffo Hassan, interpretato da Rahul Kohli, e suo figlio) sono cattolici praticanti. La vita sull’isola scorre monotona e disincantata, la comunità ormai morente.

Riley (Zach Gilford) torna a casa dopo essere stato in carcere per guida in stato di ebrezza e aver causato un incidente dove è morta una ragazza; qui ritrova la sua amica/ex fidanzata Erin (Kate Siegel), maestra di scuola incinta che ha lasciato il marito violento; parallelamente arriva sull’isola un nuovo prete, Padre Paul (Hamish Linklater) che prende il posto dell’ormai senile Monsignor Pruitt.

Tutto sembra normale finché non iniziano ad accadere degli eventi inspiegabili, anzi dei veri e propri miracoli: guarigioni impossibili si susseguono sulla piccola isola… ma anche delle inquietanti sparizioni.

Questa miniserie sembra aver diviso il pubblico: c’è chi l’ha amata e chi l’ha odiata. Io sono decisamente nel primo gruppo.

Premetto che, nonostante si tratti di una serie horror, l’azione è ben poca. Il ritmo della narrazione è molto rilassato e introspettivo, con molti lunghi monologhi, che contribuiscono a creare un articolato mosaico di personaggi che va a ricomporsi nel finale. Bisogna un po’ dare alla serie fiducia per i primi tre episodi, perché è solo dal quarto che la storia entra nel vivo.

Le atmosfere ricordano un po’ “L’esorcista” e un po’ lo Stephen King de “Le notti di Salem”.

La serie sfrutta appieno il potenziale horror dei rituali cattolici, in particolare dell’eucarestia: quando si parla di “mangiare il corpo e bere il sangue”, il significato non è soltanto metaforico.

Non voglio fare spoiler, ma la storia, senza dirlo esplicitamente, sembra suggerire un’origine della religione cristiana ben diversa da quella che viene di solito raccontata.

Devo dire che però, alla fine, nonostante ci sia una forte critica del fanatismo religioso e una difesa della laicità e della scienza, la fede pura e non corrotta dai giochi di potere emerge come il vero motore della storia.

Personalmente ho adorato i lunghi monologhi filosofici che parlano della morte; l’intera storia gira intorno all’idea di resurrezione e di come evitare la morte del corpo, eppure, come in altri lavori di Flanagan, in particolare nella serie di “The Haunting”, quello che ne emerge è una celebrazione della caducità della vita, e di come sia necessario accettarla.

Secondo me l’interpretazione di Linklater nel ruolo di Padre Paul è davvero notevole: nonostante si tratti di un personaggio a cui vediamo fare cose decisamente discutibili, alla fine ne esce quasi come un eroe tragico.

Consiglio, se possibile, di vedere la serie non doppiata, perché la sua recitazione, come quella di altri interpreti tra cui Kohli e Siegel, è molto incentrata sulla voce.

Un’altra menzione d’onore va alla perpetua Bev (Samantha Slohan), un personaggio pieno di sorprese interpretato magistralmente.

In conclusione, consiglio questa serie a tutti gli amanti di un horror inquietante e riflessivo, che lascia una sensazione di orrore quasi esistenziale.

“Midnight Mass” is a horror miniseries available on Netflix, directed by Mike Flanagan, the creator of The Haunting series (also on Netflix).

The imaginary island of Crockett Island is home to just over a hundred people, most of whom are fishermen, an activity that considerably slowed down following an ecological disaster a few years earlier. Almost all of them (with the exception of sheriff Hassan, played by Rahul Kohli, and his son) are practising Catholics. Life on the island runs monotonous and disenchanted, the community slowly dying out.

Riley (Zach Gilford) returns home after having served time for drunk driving and causing an accident in which a girl is killed; here he meets up with his friend/ex-girlfriend Erin (Kate Siegel), a pregnant schoolteacher who has left her abusive husband; at the same time a new priest, Father Paul (Hamish Linklater), arrives on the island to take the place of the now senile Monsignor Pruitt.

Everything seems normal until some inexplicable events, or rather miracles, begin to happen: impossible healings take place on the small island… but also disturbing disappearances.

This miniseries seems to have divided the audience: there are those who loved it and those who hated it. I am definitely in the first group.

I should preface this by saying that, despite being a horror series, there is very little action. The pace of the narrative is very relaxed and introspective, with many long monologues, which help to create a complex mosaic of characters that comes together in the finale. You have to give the series some credit for the first three episodes, because it’s only from the fourth that the story really gets going.

The atmospheres are a little reminiscent of “The Exorcist” and a little of Stephen King’s “Salem’s Lot”.

The series takes full advantage of the horror potential of Catholic rituals, especially the Eucharist: when it comes to “eating the body and drinking the blood”, the meaning is not only metaphorical.

I don’t want to make spoilers, but the story, without explicitly saying so, seems to suggest a very different origin of the Christian religion from the one usually told.

I must say, however, that in the end, although there is a strong criticism of religious fanaticism and a defence of secularism and science, pure faith, uncorrupted by power games, emerges as the real driving force of the story.

Personally, I loved the long philosophical monologues about death; the whole story revolves around the idea of resurrection and how to avoid the death of the body, and yet, as in Flanagan’s other works, particularly in “The Haunting” series, what emerges is a celebration of the transience of life, and how it is necessary to accept it.

In my opinion, Linklater’s performance as Father Paul is truly remarkable: despite the fact that this is a character we see doing some very questionable things, he comes off almost as a tragic hero in the end.

I recommend, if possible, watching the series undubbed, because his acting, like that of other performers including Kohli and Siegel, is very voice-centric.

Another honourable mention goes to the Church enthusiast Bev (Samantha Slohan), a character full of surprises, masterfully played.

In conclusion, I recommend this series to all lovers of creepy, thoughtful horror that leaves a feeling of horror that is almost existential.

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